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SUPPLY CHAIN – IL FERMO PRODUZIONE DEGLI ULTIMI DODICI MESI È STATO QUANTIFICATO IN 44 GIORNI PER IL 51% DELLE IMPRESE ITALIANE.

Da un’indagine di reichelt elektronik, condotta su un campione di 250 decision-maker del settore manifatturiero italiano, è emerso un aumento del 20% del “fermo produzione” durante gli ultimi dodici mesi, per un totale di 44,2 giorni (in media), a causa dei ritardi e dei rallentamenti lungo la catena di approvvigionamento.


Da un′indagine di reichelt elektronik, condotta su un campione di 250 decision-maker del settore manifatturiero italiano, è emerso un aumento del 20% del “fermo produzione” durante gli ultimi dodici mesi, per un totale di 44,2 giorni (in media), a causa dei ritardi e dei rallentamenti lungo la catena di approvvigionamento.

Il 51% dei rispondenti italiani evidenzia come i ritardi della supply chain abbiano avuto un forte impatto sulla loro azienda nell′ultimo anno, soprattutto in termini di fermo produttivo.

Per tentare di arginare i ritardi, il 40% delle aziende ha deciso di aumentare le scorte a magazzino per l′anno 2022, seppur non in modo significativo, a fronte di un 46% di aziende che avevano preso questa decisione già a maggio 2021.
Nonostante ciò, la situazione attuale del mercato e la volatilità delle catene di approvvigionamento stanno causando rallentamenti anche nel reperimento delle scorte, in particolare di componenti o materiali critici.

La scarsità di risorse rientra tra i problemi emersi anche a maggio 2021, ma i dati mostrano come la situazione sia ad oggi ulteriormente peggiorata.

Nello specifico, il 34% teme che l′attuale instabilità delle catene di approvvigionamento possa innescare un aumento del costo dei componenti critici, come ad esempio la microelettronica (32%).
In questo contesto, più della metà dei rispondenti (52%) ha internalizzato la produzione di alcuni prodotti, mentre il 28% ha intenzione di ricominciare a produrne internamente.

Un quinto degli intervistati (20%) afferma di non avere programmi in tal senso.

Una volta terminata la crisi della supply chain, il 60% delle aziende ritiene che tornerà in all′approccio Just-in-Time, almeno per quanto riguarda la maggior parte dei componenti, con la differenza che continueranno a tenere alte le scorte a magazzino dei componenti più critici.

Tuttavia, non tutti i prodotti possono essere facilmente prodotti in loco e ne sono un esempio i semiconduttori.
Gli impianti europei potrebbero rappresentare un′alternativa interessante per limitare i ritardi dell′approvvigionamento.
Per tali ragioni, l′Europa avrebbe bisogno di più sedi produttive proprie, sebbene i semiconduttori europei non siano ancora in grado di tenere il passo con quelli prodotti nell′Asia orientale (soprattutto in termini di costi).

Per il 68% delle aziende italiane, l′aspetto decisionale di primaria importanza riguarda la capacità di garantire e rispettare la sicurezza delle forniture, oltre a una differenza di prezzo minima (45%), una stabilità di prezzo a lungo termine (37%) e un miglior equilibrio ambientale rispetto alla concorrenza (33%).

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